Marchio forte e marchio debole. Le differenze e la diversa tutela.

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Marchio forte e marchio debole. Le differenze e la diversa tutela.

Alla debolezza o alla forza del marchio corrisponde una forza o debolezza nella tutela giuridica, oltre che una diversa capacità attrattiva del pubblico dei consumatori. Ciò ha indubbie ripercussioni nei casi di conflitto per somiglianza dei segni distintivi.

All’inizio della mia carriera professionale, ben 18 anni fa, ebbi ad affrontare il caso CYBUS.IT v. CIBUS, controversia tra il titolare di dominio telematico e marchio di impresa, il primo, e il titolare di un solo marchio per contraddistinguere una manifestazione fieristica, il secondo.

La questione, risoltasi stragiudizialmente in favore dell’impresa da me assistita titolare del dominio e marchio di fantasia, mi dette lo spunto per chiarire poi sul portale LLpT il significato di forte e debole del marchio.

Rileggersi a volte è piacevole, specie se si trovano le stesse categorie giuridiche spiegate con parole puntuali e semplici ma diverse da quelle che userei ora, ad uso e consumo sì di tutti, come da scopo annunciato nel titolo della rivista che mi ospitava, ma rivolgendomi in particolare alle imprese, che a tale argomento sono più interessate dei cittadini. E ciò faccio con il presente articolo.

Come tutti sappiamo il marchio è quel segno distintivo dell’impresa idoneo a contraddistinguere i propri prodotti o servizi. Ma come e in base a quali criteri viene scelto nella sua espressione, sia verbale che figurativa, per contrassegnare un nuovo prodotto o servizio da parte dell’impresa?

Solitamente la scelta ricade su un nome di fantasia, vale a dire privo di aderenza concettuale con il prodotto che si vuole immettere nel mercato, in modo da catturare più facilmente l’attenzione del consumatore. Ed ecco così che si configura la nozione di “marchio forte”, perché la forza del marchio denominativo è inversamente proporzionale all’aderenza concettuale del marchio stesso al prodotto/servizio contraddistinto.

E’ invece debole, fino a svaporare nella nullità, il marchio aderente concettualmente al prodotto/servizio contrassegnato, che designa cioè il prodotto/servizio nel suo oggetto e contenuto.

Nel caso da me seguito la parola CIBUS presentava una sicura affinità concettuale al settore merceologico di pertinenza (prodotti alimentari), quindi era alquanto debole. Ma si trattava di valutare anche la capacità di differenziazione della Y rispetto alla I nel marchio rivendicato, che appariva modesta dal punto di vista, se non grafico, fonetico: la differenza potrebbe essere rinvenibile soltanto nella pronuncia secondo la lingua inglese.

E anche il fatto che le imprese non si ponessero in diretta competizione non escludeva che esse operassero nel medesimo settore merceologico; e ciò era sufficiente ai fini della concorrenzialità e alla possibilità di confusione.

Pure il top level domain “IT” dell’impresa assistita non era elemento sufficiente di differenziazione, perché poteva essere considerato come indicazione, anche al di fuori dell’ambito telematico, dell’origine italiana del prodotto/servizio; mentre il cuore distintivo del marchio restava CYBUS.

Fatte queste doverose premesse ricevevo il mandato nella difesa del marchio e nome di dominio. Ed ecco allora i punti di forza da me enucleati che davano ragione all’impresa assistita: a differenza del termine e marchio debole, il termine di fantasia e marchio forte CYBUS, con la Y al posto della I, utilizzato per designare un portale telematico destinato ad ospitare transazioni aventi ad oggetto prodotti alimentari, era espressione di nuovo conio linguistico che non trova corrispondenza in alcun vocabolo del lessico italiano, né della lingua inglese né della vieta lingua latina.

A tale espressione letterale del marchio si accompagnava l’espressione figurativa, in qualità di logo, costituito da un’arca di Noè stilizzata e riempita di prodotti alimentari.

Abbiamo parlato fi affinità concettuale con il prodotto/servizio contrassegnato per comprendere il concetto di marchio debole. Si parla poi di affinità merceologica di un prodotto/servizio con un altro prodotto/servizio contrassegnato con segno distintivo identico o simile, quando si valuta il rischio di confusione per il pubblico.

Sotto questo aspetto è degna di nota la vertenza sorta tra la casa produttrice Coca-Cola di fama mondiale ed uno sparuto gruppo di giovani che dal 2010 si occupa di arte, design, advertising, lifestyle e trend della Rete per l’uso del termine, volutamente parodistico del noto prodotto, “CocaColla” messo a titolo di un blog.

Ora il codice della proprietà industriale tutela (all’art. 22) in modo esplicito il nome a dominio e vieta la registrazione di nomi a dominio simili all’altrui marchio: ma ciò solo se, a causa di tale identità o anche semplice affinità tra l’attività di impresa del titolare del marchio e del titolare del sito possa aversi un rischio di confusione per il pubblico e un rischio di associazione dei due segni.

Il divieto si estende anche al caso di un nome a dominio corrispondente ad un marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, che goda però nello Stato di rinomanza: in questo caso l’uso del segno senza giusto motivo consente egualmente all’impresa concorrente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio noto.

È alla luce di questo secondo aspetto, dunque, che la Coca-Cola intese intraprendere l’azione di diffida nei confronti di CocaColla, attesa la non affinità tra i due prodotti commerciati, anche se è difficilmente comprensibile come avrebbe potuto nuocere al gigante della bibita gassata un’attività di informazione e satira operata in Rete tramite un blog.

Ma a parte questo caso particolare e pochi altri la distinzione tra marchio debole e marchio forte rileva nella competizione tra le imprese. E sarà nella strategia di un’impresa scegliere un nome, per un  nuovo prodotto o servizio, che possa catturare l’attenzione del consumatore. Per tale ragione ci si orienta, solitamente, verso la scelta di un nome d fantasia, oppure di un nome comune ma privo di aderenza concettuale con il prodotto che si vuole immettere nel mercato (il consumatore avrà meno difficoltà a ricordare), e che godrà anche di una maggior protezione secondo la sopra richiamata legge.

Per fare capire meglio facciamo alcuni esempi di marchi forti e marchi deboli noti sul mercato:

Marchi forti: Scottex, Nutella, Jeep, Borotalco, McDonald’s, Levi’s, Nike, Rolex.

Marchi deboli: Divani&Divani, Benagol, Melinda, Mentadent, Estathe, EuropaRadio, Momendol.

Giova accennare anche al marchio complesso, che insieme al marchio d’insieme e al marchio collettivo richiede una specifica nota che editeremo a breve. Qui mi limito a osservare che si tratta di un marchio composto da più elementi alcuni dei quali, se singolarmente considerati, sono privi di capacità distintiva poiché di uso comune; tuttavia gli stessi, unitamente combinati secondo particolari modalità, acquistano un’autonoma capacità individualizzante, andando a costituire il cuore distintivo del marchio, che è idoneo a identificare l’origine prodotto da parte di una specifica impresa. E questo avviene grazie a un giudizio sintetico e non analitico del marchio complesso, per la resa visiva, lessicale e fonetica.

Abbiamo accennato al fatto che anche un nome generico, quando associato a un prodotto totalmente sganciato dal significato del nome, diventa marchio forte: pensiamo ad esempio a un cioccolato di una nuova marca “Scarpa”; viceversa nessun produttore o imprenditore di calzature penserebbe che sia vincente l’operazione di uscire sul mercato con tale nome.

Un marchio forte, quando ben pensato, può acquisire anche notorietà e una conseguente tutela rafforzata, come nel caso di CocaCola. Si pensi anche alla rinomanza acquisita dal marchio forte Apple, che designa una mela anche nella figura (è infatti anche marchio figurativo) in tutto il mondo, per contraddistinguere elaboratori elettronici.

Ricapitolando:

  • un marchio forte è caratterizzato da un segno (parola, disegno, lettera, cifra, suono, tonalità cromatica), o una combinazione di segni che sono tendenzialmente concettualmente estranei ai prodotti o ai servizi che contrassegna;
  • un marchio debole descrive l’essenza o il contenuto di un prodotto o servizio, o quanto meno ne richiama il concetto.

La debolezza sta nel fatto che il titolare di un marchio debole non può vietare ad altri l’uso di marchi che abbiano lievi varianti rispetto al proprio.

Il marchio forte godrà viceversa di una maggiore tutela nei confronti di coloro che utilizzino marchi simili per prodotti o servizi identici o affini e bastano lievi varianti di esso, da parte d un’impresa concorrente, per configurare un uso illecito.

Avv. Giovanni Bonomo – ALP

Marchio forte e marchio debole. Le differenze e la diversa tutela.
Articolo di Giovanni Bonomo

 

 

 

 

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