Come noto l’invenzione dell’automobile moderna è attribuita all’ingegnere tedesco Karl Benz, padre del motore a due tempi a gas, nonché creatore, già nel 1886, del primo veicolo a motore endotermico, quasi contestualmente alla nascita dell’auto si registrò quindi il primo degli incidenti stradali della storia riguardante un pedone, nonché il primo incidente automobilistico mortale in Gran Bretagna.
Tale incidente avvenne a Londra, nel 1896 e determinò la morte di Bridget Discroll, deceduta dopo essere stata investita da un’auto in corsa a 8 miglia orarie (13 km/h).
Possiamo quindi dire che fin da subito si avvertì l’esigenza di sistemi di sicurezza, nonché di norme, che permettessero di evitare o limitare i danni conseguenti a sinistri stradali.
Così videro la luce i segnali stradali, quali il segnale di stop, della rotatoria, della strada a senso unico, tutte invenzioni attribuite a William Phelps Eno, considerato “il padre della sicurezza stradale”.
Fu proprio Eno che nel 1903 scrisse “le regole della strada”, il primo codice di comportamento stradale al mondo.
In Italia tuttavia si dovette attendere fino al secondo dopoguerra, prima dell’entrata in vigore del primo codice della strada: il “Testo Unico sulla circolazione stradale”.
Tale testo, che venne approvato con il d.P.R. del 15 giugno 1959 n. 393, era composto da 147 articoli, più ulteriori 607
dell’allegato regolamento. Il “Testo Unico sulla circolazione stradale” rimase in vigore fino al 1992, anno in cui venne emesso il nuovo codice stradale a mezzo del D.lgs. 30 aprile 1992.
Solo in epoca più recente, precisamente nel 2003, il codice della strada subì ulteriori modificazioni: il decreto legge 27 giugno 2003, n.151, convertito in legge n.214 del 1 agosto 2003 introdusse infatti la patente a punti, apportando una significativa modifica alla normativa precedente.
Tale innovazione, tutt’ora in vigore, consiste nell’assegnazione ad ogni titolare di patente o patentino di 20 punti. Tali punti potranno o diminuire in relazione alle infrazioni del codice della strada certificate (decurtazione di punti) oppure aumentare fino ad un massimo di 30 punti totali (bonus).
E’ infatti previsto che ad ogni contravvenzione del codice della strada corrisponda una riduzione dei punti concessi. Tale riduzione varia dai 10 punti (per le violazioni più gravi) ad 1 punto (per le trasgressioni più lievi). Per contro laddove l’autista non abbia effettuato alcuna contravvenzione nell’arco di due anni è prevista la concessione di due punti bonus da parte della Direzione Generale della Motorizzazione.
Possiamo quindi dire che il sistema a punti introdotto rientra tra i meccanismi sanzionatori attualmente in vigore volti a punire le condotte contrarie al Codice della Strada e potenzialmente lesive dei diritti altrui.
Di recente il codice della strada è stato ulteriormente aggiornato con il Decreto legge n. 121/2021 convertito con la legge n. 156/2021: che a partire dal 1 gennaio 2022, ha introdotto alcune novità:
- Estensione del divieto di utilizzo dei telefonini anche verso l’uso di computer portatili, notebook, tablet e qualsiasi altro dispositivo che comporti l’allontanamento delle mani dal volante;
- Raddoppio multe per chi parcheggia negli spazi adibiti alle persone disabili senza avere il contrassegno;
- Introduzione della facoltà del sindaco di disporre, con ordinanza, parcheggi riservati alle donne in gravidanza e genitori con figli di età non superiore a due anni;
- Aggiunta di norme che tutelino maggiormente la sicurezza dei pedoni, introducendo maggiori obblighi di tutela per gli automobilisti;
- Raddoppio delle multe per chi getta rifiuti dal finestrino;
- Aumento della validità del foglio rosa da sei mesi a un anno;
- Introduzione della modalità telematica per contestare al prefetto l’infrazione di norme del codice della strada.
Queste sono solo alcune delle novità introdotte dalla legge che ci fa capire come il codice sia stato aggiornato cambiando alcuni dei suoi principi. Non è infatti più finalizzato alla sola sicurezza. Anche la tutela della salute, delle persone e dell’ambiente, sono obiettivi tenuti in considerazione nelle scelte del legislatore nell’ambito della circolazione stradale.
Ovviamente laddove l’infrazione posta in essere abbia determinato un danno in capo a diverso utente, il contravventore sarà altresì chiamato a risarcire il danno provocato.
Così è infatti stabilito dall’art. 2054 del codice civile, il quale testualmente dispone:
“Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose della circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli.
Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.
In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivanti da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo”.
Nonostante i vari interventi normativi che si sono succeduti nel tempo, e l’introduzione dei più svariati sistemi di sicurezza tutt’oggi gli incidenti stradali risultano essere tra le principali cause di morte in Italia.
Basti pensare che gli ultimi dati ufficiali resi pubblici dall’ISTAT, hanno evidenziato come gli incidenti stradali siano addirittura stati nel 2020 tra le principale causa di morte dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni.
Non sorprende quindi come il problema della sicurezza stradale continui a rappresentare un tema centrale, spesso oggetto dell’attenzione dei media e del legislatore.
Basti pensare che proprio in tempi recenti l’allarme sociale determinato dalla lunga serie di incidenti mortali provocati da guida in stato di ebrezza, o dall’uso di sostanze stupefacenti, ha provocato l’introduzione nella normativa nazionale del reato di “omicidio stradale”.
In particolare, in seguito a definitiva approvazione del senato, (avvenuta il 2 marzo 2016) all’interno del codice penale è stato inserito l’art. 589-bis, il quale attualmente prevede la pena della reclusione per il conducente di veicolo a motore che abbia con colpa determinato la morte di altro soggetto.
Da un lato, la norma in oggetto, ha infatti confermato la fattispecie generica di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (la pena rimane la reclusione da 2 a 7 anni); dall’altro ha introdotto la pena detentiva da 8 a 12 anni per chi guidando in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica (conseguente l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope) abbia cagionato la morte altrui. Da ultimo, la norma in oggetto ha previsto anche la reclusione da 5 a 10 anni in caso di omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica media, autori di specifici comportamenti connotati da imprudenza, quali: superamento limiti di velocità, circolazione contromano, sorpassi azzardati.
Sono poi attualmente previste ipotesi di aggravamento della pena, ad esempio nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone, oppure nel caso in cui il conducente, colpevole di omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga.
Evidente quindi come negli ultimi anni, dapprima con l’introduzione della patente a punti, poi con l’introduzione del reato di omicidio stradale, si sia verificato un progressivo inasprimento del sistema sanzionatorio in materia di sinistri stradali.
Se da un lato il legislatore ha inserito misure volte a disincentivare condotte potenzialmente lesive, dall’altro ha anche tentato di rendere più agevoli le procedure di liquidazione dei sinistri, nel diretto interesse dei danneggiati.
E’ stato così introdotto, “l’indennizzo o risarcimento diretto”. Tale procedura liquidativa prevede che, in caso di incidente stradale di cui non si è responsabili, o si è responsabili solo in parte, in presenza di determinate condizioni (che vedremo meglio in seguito), il rimborso vada richiesto direttamente alla propria Compagnia assicurativa e non a quella del responsabile del sinistro.
La propria assicurazione, quindi, provvederà ad anticipare il risarcimento del danno per conto dell’impresa di assicurazione di controparte, salvo poi ottenere da quest’ultima un conguaglio forfetario secondo le regole stabilite dalla Convenzione tra Assicurazioni per il Risarcimento Diretto (c.d. CARD), alla quale entrambe le compagnie devono aver aderito.
Un’ulteriore importante innovazione normativa si è avuta poi nel 2014, con l’introduzione del nuovo istituto della negoziazione assistita, a mezzo del D.L. n. 132/2014, convertito in L. n. 162/2014.
In particolare il legislatore ha stabilito che in caso di danni cagionati dalla circolazione di veicoli o natanti, il danneggiato possa agire in giudizio per l’ottenimento di un congruo risarcimento solo previo esperimento della procedura di negoziazione assistita.
L’obbiettivo perseguito dal legislatore con l’introduzione di tale istituto sembra essere ancora una volta quello di attuare uno snellimento delle “lungaggini” del processo civile, prevedendo un ulteriore sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di incidenti stradali.
Non si può infatti dimenticare come il nuovo istituto consista in un accordo, definito convenzione di negoziazione, con il quale le parti convengono di “cooperare in buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole la controversia”.
Sempre nell’ambito delle tutele concesse a quanti siano stati vittima di incidenti stradali troviamo poi il più risalente Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, istituito con Legge n. 990 del 1969, operativo dal 12 giugno 1971, ed amministrato, sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico, dalla Consap (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.a.).
Tale Fondo è attualmente chiamato a risarcire quei soggetti che abbiano subito danni fisici in seguito a incidenti stradali cagionati da: veicoli rimasti non identificati o non assicurati oppure assicurati con imprese poste in liquidazione coatta amministrativa.
Laddove il veicolo danneggiate sia rimasto non identificato, affinché la vittima possa però ottenere il risarcimento in oggetto, essa dovrà provare:
- Che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo;
- Che il veicolo danneggiante sia rimasto sconosciuto e che la mancata identificazione non sia imputabile alla vittima: si richiede cioè che quest’ultima abbia agito utilizzando l’ordinaria diligenza.
Si evidenzia come nel caso di mancata identificazione del danneggiante, non è prevista la risarcibilità dei semplici danni alle cose: questi potranno infatti essere risarciti solo in concomitanza di gravi danni alla persona con una franchigia di € 500,00.
Questa dunque, per sommi capi, l’evoluzione normativa in materia di incidenti stradali, evoluzione che probabilmente non si arresterà nemmeno nei prossimi anni.
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