Condanna al risarcimento per manipolazione del tasso Euribor e ultime novità

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Condanna al risarcimento per manipolazione del tasso Euribor e ultime novità: come si è giunti a tale decisione e chi può fare causa? Cosa succederà a fronte della richiesta di remissione della questione alle Sezioni Unite del 27 marzo?Condanna al risarcimento per manipolazione del tasso Euribor e ultime novità

Tutto parte dalla clamorosa Decisione della Commissione Europea del 2013

Condanna al risarcimento per manipolazione del tasso Euribor e ultime novità

Nel dicembre 2013, la Commissione Europea ha annunciato sanzioni contro quattro istituti bancari per il loro coinvolgimento in un cartello mirato alla manipolazione dei tassi di interesse Euribor. Più precisamente, la nota pubblicata in data 4/12/2013, nel sito della Commissione Europea, ha comunicato di aver sanzionato quattro banche per aver partecipato ad un cartello avente ad oggetto la fissazione dei tassi in euro che mirava a “distorcere e manipolare il procedimento di fissazione del prezzo di specifici componenti dei derivati in relazione al tasso di riferimento EURIBOR” tanto che il vice presidente della Autorità Antitrust Europea Joaquin Almunia, ha dichiarato che era avvenuta una “manipolazione dei parametri di riferimento”.

Tale manipolazione, definita come una distorsione dei parametri di riferimento, è stata confermata successivamente da un Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 2016. Infatti, nel Regolamento (UE) 2016/1011 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8/6/2016 si legge al punto 1): “i casi gravi di manipolazione degli indici di riferimento per la determinazione dei tassi di interesse, quali il libor, l’euribor e gli indici di riferimento per le valute, dimostrano che gli indici di riferimento possono essere soggetti a conflitti di interesse”.

La sentenza dell’antitrust europeo citata ha fatto tanto clamore perché ha accertato che per almeno tre anni, dal 29/09/2005 al 30/05/2008, l’Euribor è stato “truccato”. La multa, è stata comminata sulla base della stessa ammissione della Barclays Bank che confermava che le quattro grandi banche europee avevano manipolato il tasso Euribor facendo tra loro “cartello”. L’Antitrust Europea allora guidata dal Vicepresidente della commissione, Joaquin Almunia, ha quindi multato per 1,7 miliardi di euro quattro grandi banche: Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Societè Generale (le sanzioni inflitte alle banche sono state determinate in base alle vendite effettive nel periodo di attività illecita, con alcune riduzioni applicate a seguito della collaborazione di alcune istituzioni con le indagini, che hanno patteggiato spuntando complessivamente circa un miliardo di euro).

Ma come avveniva la “manipolazione” dell’Euribor ?

Ricordiamo che l’Euribor viene calcolato giornalmente come media semplice delle quotazioni rilevate da un gruppo di banche rappresentative nel panorama creditizio europeo e mondiale, selezionate dalla Federazione Bancaria Europea (European Banking Federation).  Le pratiche illecite coinvolgevano scambi di informazioni riservate tra trader, influenzando così i tassi di interesse a proprio vantaggio. La decisione della Commissione ha evidenziato il coinvolgimento delle banche nel fissare artificialmente i valori Euribor, comportando gravi ripercussioni sul mercato finanziario europeo e sulle operazioni bancarie.

Tuttavia, la durata delle pratiche anti-concorrenziali ha coinvolto un ampio periodo di tempo e ha avuto effetti significativi su tutta l’area europea. La Commissione ha infatti stabilito che le pratiche concordate tra le banche violassero l’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, influenzando direttamente il mercato e le condizioni finanziarie degli Stati membri.

E’ indubbio invero, che la decisione della Commissione europea abbia avuto diretta rilevanza nella disciplina dei contratti di finanziamento bancario e dei prodotti finanziari dei singoli stati membri (quali derivati, obbligazioni bancarie, titoli di Stato, obbligazioni corporate) che prevedevano un meccanismo di indicizzazione degli interessi, a scadenze periodiche predeterminate, secondo l’andamento del parametro Euribor.

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La manipolazione del tasso influenza in ogni caso il tasso convenzionale applicato nel corso del rapporto, rendendolo nullo, per il periodo in cui la indebita alterazione di esso ha avuto applicazione (2005-2008).

E tale nullità̀ discende sia dalla indeterminatezza ed indeterminabilità oggettiva dell’oggetto della clausola relativa al tasso Euribor nel periodo di intervenuta alterazione dei criteri di calcolo del medesimo (ex artt. 1346 e 1418, comma 2°, cod. civ.), sia per intervenuta violazione delle norme imperative impositive del divieto degli accordi e delle intese di cui agli artt. 2 l. n. 287/1990, 101 TFUE e 53 EEA: sicché il contraente leso può agire per la dichiarazione di nullità della clausola contrattuale e per la ripetizione delle somme, e può farlo anche laddove la controparte contrattuale non abbia preso parte alla manipolazione del parametro Euribor, restando esclusa, in tal caso, l’azione per il risarcimento del danno anticoncorrenziale, che può essere proposta esclusivamente contro gli autori della violazione antitrust.

La tesi della nullità parziale è stata confermata dall’ordinanza della Cassazione n. 34889/2023

Ecco cosa è successo in Italia a seguito delle ripercussioni di tale sentenza.

Dopo un ampio dibattito giurisprudenziale, finalmente la Corte Suprema ha confermato la nullità dei contratti derivati dalle intese illecite, indipendentemente dal coinvolgimento diretto delle banche in tali intese. Questa decisione stabilisce un importante precedente giuridico, sottolineando che la nullità dei contratti è inevitabile anche senza la partecipazione diretta delle banche ai cartelli.

Invero, la Corte ha finalmente avuto modo di prendere una posizione riguardo la nullità dei contratti a “valle” delle intese vietate sanzionate dalla Commissione Antitrust della CE con le ordinanze interlocutorie del 27/7/2023 e del 3/11/2023. Soprattutto l’ordinanza n. 34889/2023 assume rilievo ove la Corte ha ribadito che:

1) già con la sentenza delle Sezioni Unite n. 2207/2005 aveva affermato che la Legge Antitrust fosse invocabile da chiunque avesse subito un pregiudizio per effetto della restrizione della concorrenza;

2) con la sentenza n. 827/1999 aveva già stabilito che fossero rilevanti ai fini della legge Antitrust anche comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali”, purché con la partecipazione di almeno due imprese, finalizzati all’alterazione della concorrenza;

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3) pertanto, qualunque “forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione della Legge Antitrust”;

4) le decisioni del 4/12/2013 e del 7/12/2016 della Commissione Antitrust della Comunità Europea sono da considerarsi “prove privilegiate” a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato la banca con il quale è stato stipulato il contratto ” a valle” dell’intesa vietata, giacché raggiunta dal divieto di cui all’art. 2 L. 287/1990 (c.d. Legge Antitrust) è qualunque contratto o negozio “a valle” che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte, come stabilito già dalla sentenza n. 29810/2017 della Corte di Cassazione.

La tesi favorevole alla nullità dei contratti “a valle” della Corte di Cassazione

Il 13 dicembre del 2023 la Corte di legittimità ha finalmente aderito alla tesi sostenuta da quella parte della dottrina, ritenuta minoritaria prima dell’ordinanza n. 34889/2023, secondo cui dovrebbe essere affermata la nullità dei contratti di finanziamento “a valle”, a tasso variabile legati al parametro Euribor, stipulati con la clientela anche da banche non partecipanti all’intesa manipolatrice e ciò sulla base dei seguenti ragionamenti giuridici:

• applicando le medesime conclusioni che hanno condotto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 30 dicembre 2021, n. 41994, ad affermare la nullità delle clausole che, nei contratti di fideiussione stipulati a valle, riproducono lo schema predisposto dall’ABI, già censurato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato perché qualificato al pari di un’intesa vietata: in tale prospettiva sussisterebbe un collegamento funzionale, rinvenibile quando l’atto a valle ha una propria causa illecita o diventa esso stesso strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale; sicché al contratto “a valle” non può attribuirsi rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare.

• per assenza di causa ex art. 1418, comma 2, cod. civ. (o, comunque, parzialmente nulli ai sensi dell’art. 1419 cod. civ.), considerando che la manipolazione del tasso Euribor varrebbe automaticamente ad escludere l’alea ontologicamente richiesta dalle pattuizioni in commento, come ritenuta necessaria dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza del 12 maggio 2020, n. 8770.

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Cosa succederà a fronte del rinvio chiesto dalla Procura Generale alle Sezioni Unite il 27 marzo 2024?

A seguito dell’udienza pubblica dello scorso 27 marzo 2024, la Procura Generale della Cassazione (in persona del sostituto procuratore Generale dott. Giovanni Battista Nardecchia) ha chiesto la rimessione della causa Rg. n. 8889/2022, alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite proprio con riferimento alla questione relativa agli effetti della manipolazione dell’Euribor sui contratti di finanziamento.

Ma vediamo su cosa si basa tale richiesta.

In sostanza, secondo la Procura Generale, la decisione della Commissione del 2013, pur incentrandosi sulla illegittimità di tali pratiche, non indica se queste abbiano poi avuto una concreta incidenza sul valore dell’Euribor.

La decisione della Commissione europea vale quindi come prova privilegiata delle condotte illecite, con esclusivo riferimento alle banche coinvolte. Ma, secondo la Procura, nonostante l’evidente illiceità dei comportamenti sotto il profilo della concorrenza, non emergerebbe una chiara indicazione che tali pratiche avrebbero concretamente alterato il valore dell’Euribor. E, in mancanza di prova circa l’incidenza delle condotte illecite nella concreta determinazione del tasso Euribor apparerebbe arduo, sostenere la potenziale invalidità dei tassi di interesse che fanno riferimento all’Euribor, e ciò, soprattutto per le banche estranee a tali pratiche illecite.

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Per ottenere la dichiarazione di nullità del tasso pattuito che rinvia all’Euribor occorrerebbe, ove si voglia agire contro soggetti non partecipanti alle accertate condotte, provare che la condotta illecita sanzionata dalla Commissione avrebbe comportato ad una alterazione dell’Euribor. In assenza di tale dimostrazione, non sussisterebbero ragioni valide per dichiarare la nullità delle pattuizioni sui tassi che rinviano a tale parametro.

Per tali ragioni la Procura generale ritiene opportuna una rimeditazione del recente orientamento espresso da Cass. 34889/2023.

Tuttavia, nonostante tale richiesta induca a cautela, fintanto che non se ne conosca l’esito, va ricordato che i concetti sui quali si è espressa la Cassazione con la nota sentenza del 2023, si sono basati proprio su precedenti espressi proprio dalle Sezioni Unite, prima con la sentenza n. 2207/2005 espressamente citata nell’ordinanza n. 34889/2023 e poi dalle SS.UU. n. 41994/2021.

Quindi le Sezioni Unite già sono state chiamate a pronunciarsi sul tema. Più precisamente, nel 2021 le SS.UU. hanno già chiarito che: “Se la nullità del contratto deriva dalla nullità dell’indice esterno diventa irrilevante che la banca convenuta abbia o meno partecipato all’intesa vietata che ha dato luogo a quella nullità, o che vi sia stata una effettiva restrizione della libertà di scelta del mutuatario”.

Quindi: “Una volta accertata la nullità dei tassi Euribor per contrarietà all’art. 101 TFUE e alla L. 287/1990 la nullità che colpisce il mutuo non deriva più dall’intesa vietata ma è contrattuale, non potendosi più calcolare il tasso di interesse essendo venuto meno l’indice di riferimento esterno.

Nullità contrattuale che sia l’imprenditore che il consumatore possono invocare non dovendo come stabilito da SS.UU. 41994/2021 necessariamente affidarsi ad un’azione risarcitoria nei confronti del soggetto che ha dato luogo alla nullità dell’indice esterno al contratto”.

Appare quindi inverosimile e improbabile che le Sezioni Unite ora possano andare in contrasto con quanto già statuito.

Concludendo, è evidente che, se l’esito della vicenda da ultimo citata con riferimento alla richiesta di remissione alle Sezioni Unite, dovesse confermare l’orientamento già tracciato dalla Cassazione con la nota ordinanza, anche la giurisprudenza di merito, non potrà̀ più ritenere la domanda di nullità infondata per non avere la banca convenuta partecipato al cartello vietato e per non potersi la nullità di questi accordi trasmettersi ai contratti c.d. “a valle”.

E’ quindi altamente probabile che numerosi soggetti procederanno alle richieste restitutorie. Si tratta potenzialmente di tutti coloro, privati e imprenditori, che hanno stipulato un contratto di finanziamento di importo rilevante (mutuo, leasing, apertura di credito etc.) e che possono avere interesse a proporre un’azione legale per il recupero di quanto indebitamente pagato in virtù della nullità della clausola contenuta nel contratto. Tuttavia, anche a prescindere dalla decisione in merito alla remissione delle Sezioni Unite, è essenziale procedere anzitutto con l’interruzione della prescrizione (previa opportuna indagine peritale), per non incorrere nel rischio di vedersi dichiarare la decadenza della possibile azione legale.

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Avv. Maria Bruschi – Responsabile Dipartimento di Azioni collettive di A.L. Assistenza Legale 

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