Trasfusione sangue infetto risarcimento record

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Il Ministero della Sanità è stato condannato a risarcire con la cifra record di circa un milione e mezzo di euro la famiglia di una giovane donna pugliese morta in seguito a una trasfusione di sangue infetto.

Trasfusione sangue infetto risarcimentoIn primo grado il Tribunale aveva già condannato il Ministero a risarcire la famiglia, e a nulla è valso il ricorso presentato: la condanna è stata riconfermata nella sua totalità.

L’ennesimo caso di malasanità ha luogo a Trani (BT), città pugliese situata sulla costa adriatica, e proprio la conformazione geografica del territorio ha determinato la malattia ereditaria, la talassemia ha afflitto la giovane vittima di questo caso fin dal primo giorno di vita, nel 1979. La talassemia infatti è una malattia genetica che comporta anemia, ovvero la scarsità di emoglobina necessaria per il trasporto dell’ossigeno nel sangue.

L’etimologia della parola chiarisce il motivo per cui questa malattia ha colpito la giovane pugliese: thálassa in greco significa mare, e la peculiarità della talassemia, infatti, sta proprio nella sua alta concentrazione tra gli abitanti delle zone costiere.

Fin dalla primissima infanzia la giovane è stata costretta ad abituarsi all’idea di una vita fatta di trasfusioni presso il Policlinico di Bari, trasfusioni che le avrebbero garantito un futuro sano e una vita dignitosa. Eppure nel 2007, a soli 28 anni, la giovane è morta.

Trasfusione sangue infetto risarcimento: le indagini

Dagli atti resi pubblici si evince che già nel 1994 la commissione medica dell’ospedale militare di Bari avrebbe richiesto degli accertamenti sulle condizioni della ragazza e sarebbe stata confermata nella paziente l’infezione da HCV, ovvero la presenza del virus dell’epatite C. Il virus dell’HCV si trasmette principalmente per contatto diretto con del sangue infetto e ciò è altamente rischioso se si tiene conto che la trasfusione di sangue è una delle più probabili modalità di trasmissione, assieme all’uso di droghe per via endovenosa e all’utilizzo di presidi medici non sterilizzati.

La vita della giovane pugliese è stata un continuo susseguirsi di trasfusioni di sangue. La diagnosi di affezione dal virus dell’epatite C (nel 1994) e la conseguente morte per cirrosi epatica (nel 2007), uno degli epiloghi più probabili per chi è affetto da tale virus, sono state per lei e i suoi famigliari una lunga e dolorosa tragedia.

Il Tribunale ha disposto che solo ed esclusivamente attraverso una trasfusione di sangue infetto la donna ha contratto il virus: per questo motivo il Ministero della Salute è stato costretto a un risarcimento danni di un milione e mezzo di euro verso la famiglia.

Trasfusione sangue infetto risarcimento: un altro caso simile

Possono ben sperare, a questo punto, anche i famigliari di un sessantatreenne, anch’egli pugliese e sembrerebbe vittima di un caso molto simile di malasanità. Appena quarantenne fece alcune trasfusioni presso l’ospedale civile “Delli Ponti” di Scorrano (LE) e durante una di queste contrasse i virus dell’epatite B e C. Dopo vent’anni di cure morì nel 2009. La moglie e i figli si sono uniti per avere giustizia e in seguito al processo si è scoperta la provenienza della presunta sacca di sangue infetto, essa non faceva parte del materiale del “Delle Ponti”, sarebbe bensì giunta dal Centro trasfusionale del “Ferrari” di Casarano.

Qualunque sia stata la provenienza della sacca di sangue, anche in questo caso il Ministero della Salute è stato condannato a risarcire la famiglia con quattrocento ottanta mila euro, e anche questa volta lo stesso Ministero ricorrerà in appello.

Si spera che, se anche le responsabilità di quest’ultimo caso fossero definitivamente accertate, la famiglia riceva un adeguato risarcimento danni per quello che l’uomo ha patito. Ma la speranza più grande è che casi come questi non si ripetano in futuro.

 

Dott. Claudio Bonato

AL Assistenza Legale

www.alassistenzalegale.it

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