Risarcimento danno da sangue infetto: la sentenza della Cassazione Civile n. 1135/2015, ha segnato un momento topico della giurisprudenza italiana in materia di risarcimenti per contagio da sangue infetto, avendo la Suprema Corte di Cassazione definitivamente statuito il diritto al risarcimento dei danni causati dalle trasfusioni in favore di ignari pazienti, con la conseguente responsabilità civile in capo al Ministero della Salute per la somministrazione di sangue ed emoderivati infetti.
Il risarcimento danno da sangue infetto scoperto a distanza di anni
La battaglia giudiziaria era stata intrapresa da un uomo, che a seguito di una trasfusione, aveva scoperto solo a distanza di anni di aver contratto il virus dell’epatite c.
L’aggravamento della patologia
Peraltro l’aggravamento della patologia avvenuto poi nel corso del tempo, a suo dire, avrebbe segnato il momento da cui far decorrere il temine di prescrizione quinquennale per la relativa azione risarcitoria.
Il Ministero della salute opponeva invece l’avvenuta prescrizione del diritto al risarcimento, ovvero la mancata classificazione all’epoca dei fatti da parte della Comunità scientifica della patologia, ragioni per cui non avrebbe potuto prevenirne diversamente la diffusione e quindi non avrebbe neppure potuto risarcire il danno causato.
Il termine di prescrizione per il risarcimento danno da sangue infetto
Gli ermellini chiamati a pronunciarsi sul caso de quo, in ragione della patologia del ha stabilito che il termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno da contagio di sangue infetto, non può farsi decorrere dal momento della scoperta della positività al virus, ma dal momento in cui il paziente contagiato, in ragione della estrinsecazione degli effetti della patologia, inizia ad avere concreta consapevolezza del danno subito.
Avv. Cristiano Cominotto
Avv. Raffaele Moretti
AL Assistenza Legale