Il processo civile e la riforma della giustizia

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l processo civile e la riforma della giustizia

Sul sito del Ministero di Grazia e Giustizia sono stati pubblicati i 12 punti della riforma della giustizia. Il primo e il più importante punto è quello relativo alla riduzione dei tempi dei processi che, nelle intenzioni della riforma, dovrebbero essere contenuti in un anno per il primo grado di giudizio.

Dai dati pubblicati da “Doing Business 2014” istituto di ricerca globale, risulta come in Italia un’impresa debba attendere sino al triplo rispetto agli altri paesi europei per ottenere una sentenza. L’unico paese europeo che ha tempi di giudizio più lunghi dell’Italia è la Grecia, mentre  Francia,  Germania e  Inghilterra hanno un primo grado di giudizio lungo meno della metà del nostro.

Il Ministero di Grazia e Giustizia, illustra ulteriormente come uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico e delle imprese sia proprio la lunghezza dei procedimenti, sul quale pertanto è necessario intervenire. In realtà, le ragioni per cui il nostro processo civile non è oggi competitivo non sono limitate alla lunghezza dei procedimenti.

Ciò che richiede l’utente alla giustizia è un processo giusto, veloce ed economico. Il processo giusto è quello dall’esito prevedibile. Il processo veloce è quello che si chiude in un tempo ragionevole. Il processo economico è quello che può essere attivato senza mettere in difficoltà l’utente.

Forse di questi tre aspetti l’unico che si dovrebbe dare per scontato è il primo, perché è quanto ci si aspetta da uno stato civile e democratico. Bisogna invece intervenire non soltanto in merito alla lunghezza dei procedimenti, ma anche sull’economia degli stessi.

Un processo breve ma troppo costoso non avrà alcun seguito perché non sarà economicamente vantaggioso per l’utente, funzionerà quindi solo in  astratto, e sarà inutile a far recuperare competitività al sistema economico. Da avvocato giuslavorista vorrei fare un paragone col mercato del lavoro.

Spesso si discute di quanto la mancata ripresa del mercato del lavoro sia da ascrivere all’inefficacia delle norme che lo regolamentano. In passato la legge Biagi è intervenuta regolamentando in particolare l’ingresso al mercato del lavoro e la legge Fornero l’uscita dallo stesso.

In realtà nonostante le riforme normative attuate, il mercato del lavoro non si è ripreso e le statistiche ISTAT relative al primo trimestre del 2014 fotografano un calo su base annua del numero di occupati dello 0.9 %, pari a  211.000 lavoratori in meno .

Storicamente le due ragioni principali della crisi del mercato del lavoro sono state individuate nella normativa inadeguata  e nella la tassazione elevata, escludendo la prima rimane la seconda. In altre parole anche quando saremo riusciti ad ottenere la migliore normativa possibile per il mercato del lavoro, impiegare una persona costerà ancora troppo e quindi le aziende continueranno a non assumere.

Nel procedimento civile purtroppo sta accadendo qualche cosa di simile a quanto tragicamente già avvenuto nel mercato del lavoro. La tassa che l’utente paga per l’accesso alla giustizia, il “contributo unificato”, negli ultimi anni è cresciuta a dismisura. Basti in tal senso considerare che in circa 10 anni dal 2002 ad oggi, il contributo unificato per le cause fino a € 1.033 è aumentato del 143%, mentre quello per le cause superiori a € 52.000 è aumentato di oltre l’80%.

L’aumento delle tasse per l’accesso la giustizia è ancora più ingiustificato se si considera il risparmio che dovrebbe conseguire l’amministrazione statale dalla recente introduzione del processo civile telematico, che eviterà buona parte della carta, degli archivi e purtroppo del personale.

In definitiva se non invertiamo la tendenza all’aumento indiscriminato delle tasse del procedimento civile che sarebbe oltretutto giustificata dai risparmi introdotti dal processo telematico, rischieremo di avere un processo civile astrattamente funzionante, ma concretamente inutile perché troppo costoso e mancheremo di conseguenza l’obbiettivo di fare recuperare all’Italia competitività  rispetto agli altri paesi.

Cristiano Cominotto *presidente AL Assistenza Legale

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