Diritto all’informazione digitale e diritto d’autore: resta difficile conciliare i principi proprietari del diritto d’autore con quelli del libero accesso all’informazione nella nostra società digitale e multimediale. E’ possibile tuttavia recuperare quel significato originario del diritto d’autore inteso a diffondere, con le opere dell’ingegno, l’informazione – la funzione sociale del copyright – anziché impedire l’accesso ad essa. Emerge intanto l’importanza di demandare agli enti di gestione collettiva dei diritti d’autore la definizione di limitazioni ed eccezioni uniformi che possano contribuire al processo di armonizzazione nella Unione Europea.
La delicata questione dell’equo bilanciamento tra la protezione della proprietà intellettuale e l’accesso all’informazione nell’era digitale è stata oggetto di un importante seminario. Svoltosi in data 25 ottobre 2011 presso l’Università Statale di Milano, nell’ambito del dottorato di ricerca in diritto industriale, intitolato Copyright and Access to Knowledge in the Digital Age.
Riporto adesso le principali riflessioni dei relatori di tale convegno di cinque anni fa perché sono ancora valide, non essendoci stati nel frattempo significativi cambiamenti nella normazione interna ed europea.
Il convegno è stato organizzato dal prof. Gustavo Ghidini, ordinario di diritto industriale presso la stessa Università e direttore dell’Osservatorio di Proprietà Intellettuale, Concorrenza e Comunicazioni, LUISS Guido Carli. Ospiti e relatori del convegno erano il prof. Christophe Geiger, Direttore del Dipartimento di Ricerca del CEIPI di Strasburgo, e il prof. Paolo Auteri, ordinario di diritto industriale presso l’Università di Pavia.
Dopo l’introduzione del prof. Ghidini, che ha accennato alle incoerenze interne della Direttiva 29/2001/CE di per sé ostative di una effettiva armonizzazione delle frammentate legislazioni sui diritti di proprietà intellettuale in ambito europeo, il prof. Geiger ha iniziato il suo intervento. Questi ha chiarito come di fronte alla crisi di legittimazione del copyright, a livello mondiale, è necessario ripensare il sistema di protezione della proprietà intellettuale in modo coerente con le continue innovazioni dello scenario digitale. Ma evitando che l’innovazione e la creatività siano compromesse da ingiustificate limitazioni.
Basandosi sui dati raccolti dall’Università di Strasburgo per redigere il rapporto sul futuro del diritto d’autore nel contesto digitale (http://www.ceipi.edu) si può affermare che il copyright deve adattarsi necessariamente a un mercato dell’informazione. Altrimenti se ne decreta la fine. Ma si può, anzi si deve, recuperare quel significato originario del diritto d’autore inteso a diffondere, con le opere dell’ingegno, l’informazione (la funzione sociale del copyright) anziché impedire l’accesso ad essa. E ciò anche se questa iniziale convergenza tra i principi di tutela del copyright e quelli libertari dell’accesso all’informazione appare totalmente sovvertita dalle nuove tecnologie.
Le stesse tecnologie che hanno reso possibile la riproduzione e la distribuzione di massa delle opere, sfidando modelli commerciali consolidati, hanno oggi enormi potenzialità di agevolare l’accesso all’informazione, all’educazione e alla creatività.
Ciò che impedisce un vero mercato armonizzato e integrato nell’uso dei media dell’informazione è la tendenza, a livello di legislazione comunitaria, all’armonizzazione delle regole di diritto d’autore senza che vi siano correlative norme armonizzate che riguardino le limitazioni e le c.d. eccezioni.
Emerge allora l’importanza di demandare agli enti di gestione collettiva dei diritti d’autore la definizione di limitazioni ed eccezioni uniformi che possano contribuire al processo di armonizzazione. Gli studi, al livello europeo, del Libro Verde della Commissione europea sul diritto d’autore nel mercato dell’informazione (Brussells, COM (2008) 466/3 e, a livello internazionale, del Comitato sul copyright e i relativi diritti (SCCR) dell’OMPI sono in questa direzione. E iniziative di autoregolamentazione in ambito contrattuale che riguardino le parti in gioco, con l’intervento di tali enti di gestione collettiva de diritti, sarebbero parimenti utili.
Il prof. Auteri ha sottolineato come il problema della protezione del diritto d’autore nelle reti informatiche e nel contesto digitale si amplifica nel contesto degli usi privati. Il navigatore di Internet è infatti abituato a comunicare liberamente anche trasmettendo contenuti e opere protette. Gli strumenti tecnici di protezione scontano la continua innovazione tecnologica che tende a eluderle.
Nelle conclusioni il prof. Geiger ricorda di avere proposto l’istituzione di un “Osservatorio Europeo sull’Accesso alle Opere protette” e la creazione di un sistema che eviti la “territorialità” di un copyright diviso in 27 “licenze d’uso” all’interno dell’Unione Europea. Per quanto si debba incoraggiare un’offerta di informazione attraverso modelli di “open-content”, bisogna considerare che “libero accesso” non significa per forza “accesso gratuito”. Anche nell’ambito delle riproduzioni per uso personale, ad esempio, vanno remunerati i diritti connessi con il sistema dell’equo compenso.
Si potrebbe forse raggiungere una legislazione europea unitaria e armonizzata, conclude il prof. Geiger, recependo spunti della legislazione sui marchi, sui modelli industriali e sui brevetti.