Secondo alcuni, come da post e articoli che leggo in social network, l’art. 29 della Costituzione parla di famiglia indicandola come una “società naturale fondata sul matrimonio” senza alcun riferimento al sesso. Ne deriverebbe che nel termine “famiglia” sarebbero comprese anche le unioni omosessuali.
E’ un ragionamento sbagliato che non tiene conto della lettera della norma nel contesto dell’intera previsione costituzionale composta da più commi.
Invero, la questione delle unioni omosessuali, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta, rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di assemblea costituente, che elaborò l’art. 29 Cost. sulla base di princìpi che avevano una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. I costituenti tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942 che, come ombra di dubbio, stabiliva, e tuttora stabilisce, che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso.
In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti con l’uomo nel rapporto coniugale.
Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa.
Ne consegue che il diritto alla bigenitorialità, quale superiore interesse del minore, si realizza nella cura dei figli da parte i entrambi i coniugi, padre e madre, o nell’avvicendamento di essi nel caso delle separazioni.
Si deve ribadire, dunque, che la norma non prese in considerazione le unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto.
Tale chiarimento mi preme fare a fronte dell’imperante omologazione unisex del nuovo ordine pansessuale mondiale con l’avallo del Garante della privacy, così che il “genitore1” conterà di più di quello arrivato per secondo, il “genitore2“. Poco importa se i figli crescano poi cafoni e disorientati (vedi vignetta).
Avv. Giovanni Bonomo – Diritto 24
Diritto alla bigenitorialità e Costituzione,
articolo di Giovanni Bonomo
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