L’art. 8 della legge n. 64/2017 prevede due differenti condizioni di procedibilità per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento danni da parte del paziente danneggiato; essendo appunto condizioni di procedibilità, senza il preventivo esperimento di una delle due non è possibile agire.
Tentativo obbligatorio di conciliazione: presente già dal 2010
Già prima della legge Gelli era previsto che colui che avesse subito danni nell’esercizio dell’attività medica e sanitaria potesse agire nei confronti della struttura sanitaria e del medico solo dopo aver esperito un tentativo di mediazione, che appunto era obbligatorio, in base all’art. 5 comma 1 bis del decreto legislativo n. 28 del 2010. Nel caso in cui il singolo avesse adito il Tribunale senza prima attivare la procedura di mediazione, il Giudice o la parte convenuta avrebbero potuto eccepire il mancato rispetto della condizione di procedibilità entro la prima udienza, comportando così una sospensione del giudizio e l’obbligo di proporre la mediazione in capo all’attore.
Tentativo obbligatorio di conciliazione: la consulenza tecnica preventiva
Oggi, a seguito della riforma della legge Gelli, è ancora previsto il tentativo di mediazione, tuttavia è possibile ricorrere anche un differente strumento, ovvero alla consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis del codice di procedura civile. La mediazione ha quindi perso il suo carattere di obbligatorietà, essendo oggi solo un’alternativa.
Secondo quanto previsto dal disposto dell’art. 696 bis c.p.c., la consulenza preventiva può essere richiesta “ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.
A dire il vero, già prima della legge Gelli la Giurisprudenza si era interrogata sul possibile ricorso alla consulenza tecnica preventiva in materia di risarcimento danni da malasanità, arrivando a sostenere che la consulenza fosse esperibile solo laddove le parti non si trovassero in profondo disaccordo sull’ an. In particolare, “non è necessario per l’ammissibilità del mezzo in oggetto la certezza e la non contestazione dell’ an, ma di certo non può ammettersene l’utilizzo nei casi in cui sussista un radicale e profondo contrasto fra le parti sulla esistenza stessa del credito, prima ancora che sulla sua quantificazione, e che tale accertamento richieda indagini complesse non solo in fatto ma anche in diritto, involgendo questioni la cui soluzione non è possibile demandare al consulente tecnico”( Trib. Roma 26 marzo 2015).
Anche nel caso della consulenza tecnica preventiva, qualora il Giudice rilevi che il procedimento ex art. 696 bic c.p.c. non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di consulenza tecnica o per il completamento del procedimento.
Tentativo obbligatorio di conciliazione: la partecipazione obbligatoria
La richiesta di consulenza tecnica preventiva si solleva con ricorso e comporta la partecipazione obbligatoria di tutte le parti coinvolte nel procedimento, comprese le imprese di assicurazione della struttura e del singolo esercente la professione sanitaria. Nel caso in cui, successivamente, con provvedimento che definisce il Giudizio, il Giudice rilevi la mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di consulenza tecnica, condanna le parti che non vi hanno partecipato al pagamento delle spese di lite e di consulenza, oltre che a una pena pecuniaria determinata in via equitativa.
Tentativo obbligatorio di conciliazione: durata del procedimento
Il procedimento di consulenza tecnica ha una durata massima di 6 mesi dal deposito del ricorso.
Tentativo obbligatorio di conciliazione: termini
La domanda di risarcimento del danno da parte del paziente diventa procedibile solo se la conciliazione non riesce o se il procedimento non si conclude entro il termine perentorio di sei mesi: in questo caso, la domanda giudiziale dovrà essere sollevata entro 90 giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine, depositando presso il Giudice già competente per la consulenza un ricorso ex art. 702 bis c.p.c.
Il giudice fissa dunque l’udienza per la comparizione delle parti e si applica la procedura di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c., ovvero il rito sommario di cognizione. La scelta di questo rito si spiega certamente in ragione della sua maggiore speditezza, assicurando quindi una tutela più celere a chi sia stato danneggiato in seguito a errore medico.
Avv. Cristiano Cominotto
D.ssa Aurora Orchidea Ventura