Certamente la novità maggiore introdotta dalla legge Gelli riguarda la natura della responsabilità civile del medico.
Responsabilità civile del medico: art. 7
L’art. 7 comma 2 stabilisce infatti chiaramente che l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ex art. 2043 del codice civile, sancendo così definitivamente la natura extracontrattuale della responsabilità del medico nei confronti del paziente vittima di malasanità.
In realtà, già la precedente Legge Balduzzi faceva riferimento all’art. 2043 c.c. Difatti, all’articolo 3, dopo aver stabilito che il medico non rispondesse per colpa lieve qualora si fosse attenuto alle linee guida, sanciva che comunque restava fermo “l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.”
Tuttavia, anche se la legge Balduzzi faceva espresso richiamo alla responsabilità extracontrattuale, la Giurisprudenza maggioritaria aveva continuato a considerare duplice la natura della responsabilità del medico nei confronti del paziente, ritenendo che il danneggiato potesse agire sia in via contrattuale che extracontrattuale.
Responsabilità civile del medico: la legge Balduzzi
Riprendendo l’orientamento diffuso – sancito a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, 22 gennaio 1999 n. 589 e ripreso anche dalle Sezioni Unite con le sentenze dall’11 gennaio 2008 n. 577 e dell’11 novembre 2008 n. 26972 – anche in seguito all’entrata in vigore della Legge Balduzzi, la Giurisprudenza di merito e di legittimità ha continuato a considerare l’obbligazione del medico nei confronti del paziente come avente natura contrattuale.
Anche se non fondata su un contratto, la responsabilità continuava a trovare il suo fondamento nel “contatto sociale” che si instaura tra paziente e medico stesso. Difatti, si continuava a ritenere che “alla norma (ovvero l’art. 3 della Legge Balduzzi) nessun rilievo può attribuirsi che induca il superamento dell’orientamento tradizionale sulla responsabilità medica come responsabilità da contatto e sulle sue implicazioni” (così, a titolo esemplificativo, Corte di Cassazione, Sez. VI, ordinanza 17 aprile 2014 n. 8940).
Pertanto, fino a prima dell’entrata in vigore della legge Gelli, era possibile agire nei confronti del singolo medico sia in via contrattuale, sulla base del contatto sociale, sia ex art. 2043 e quindi in via extracontrattuale per il riconoscimento del risarcimento del danno per fatto illecito commesso dall’esercente la professione sanitaria. Le due azioni erano quindi cumulabili.
Responsabilità civile del medico: cosa prevede la legge Gelli
Oggi, invece, a seguito della novella introdotta dalla legge Gelli, sembra sia del tutto tramontata la teoria della natura contrattuale della responsabilità del medico per il contatto sociale instauratosi con il paziente.
L’art. 7 comma 3 della legge fa salvo un caso in cui il paziente possa agire nei confronti del medico in via contrattuale: in particolare, la norma stabilisce che l’esercente risponde ex art. 2043 “salvo che (il medico) abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”. La norma sembra dunque riferirsi ai medici specialisti privati che agiscano sulla base di un contratto con il singolo paziente.
È quindi evidente come sia oggi configurabile un doppio binario nella responsabilità medica: da un lato, la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria o sociosanitaria ex artt. 1218 e 1228 del codice civile; dall’altro, la responsabilità esclusivamente extracontrattuale del medico ex art. 2043 c.c.
Responsabilità civile del medico: le tabelle del codice delle assicurazioni private
Il danno patito dalla vittima di malasanità viene risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, sul modello della R.C. Auto, così come era già stato previsto dalla Legge Balduzzi.
In realtà, ancora oggi, il riferimento all’art. 138 del decreto legislativo n.209 del 2005 non è incisivo, dal momento che non risulta ancora adottata la tabella unica per le menomazioni di non lieve entità. In caso quindi di danno di grave entità si continueranno ad adottare le tabelle elaborate dalla Giurisprudenza, in particolare dal Tribunale di Milano, i cui parametri sono ritenuti i più idonei a garantire uniformità sul territorio nazionale.
Nel valutare l’entità del danno patito dal paziente per malasanità, il Giudice dovrà valutare l’effettiva condotta tenuta e, in particolare, se si sia attenuto alle raccomandazioni delle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali.
Avv. Cristiano Cominotto
D.ssa Aurora Orchidea Ventura