L’artista che consegna una propria opera d’arte al collezionista o al gallerista non cede automaticamente anche i propri diritti esclusivi di riproduzione: è bene quindi mettere tutto nero su bianco, disponendo espressamente, anche in caso di compravendita, che il gallerista o collezionista sia autorizzato a esporre l’opera al pubblico, anche su cataloghi o portali online, o a prestarla a terzi per eventi espositivi.
Abbiamo già parlato dell’uso delle immagini tratte da Internet e delle cautele da usare anche quando si vuole semplicemente rendere più visibili propri articoli. Di tale problematica generale è espressione il caso particolare delle fotografie di opere d’arte figurativa, perché è frequente che gallerie, case di aste, o anche semplici appassionati d’arte, pubblichino sui social, in modo disinvolto, molte immagini protette dal diritto di autore consentendone così un uso pubblico e moltiplicando le possibilità di violazioni.
La questione non si pone solo nell’uso di foto incontrollato dei social media, perché riguarda anche l’inclusione in cataloghi cartacei delle fotografie di opere d’arte non di pubblico dominio. Spesso ciò è dovuto a semplice disinformazione sulla normativa del diritto d’autore da parte dei redattori del catalogo e degli organizzatori della mostra.
In questo caso, per comprendere esattamente i termini della questione, è utile richiamare una scolastica distinzione che si fa in diritto d’autore fin dai tempi universitari. Questo anche per capire che cosa sono i diritti di utilizzazione economica, diversi dal diritto morale d’autore, e perché via sia l’art. 109 l.d.a., norma che prevede che la cessione di uno o più esemplari dell’opera non implica necessariamente la cessione dei diritti di utilizzazione dell’opera stessa.
Orbene, la distinzione è tra corpus mysticum di un’opera tutelabile è la creazione intellettuale creata e rappresentata, che per essere percepibile deve materializzarsi in un qualche supporto materiale: questo è il corpus mechanimcum, vale a dire la tela di un dipinto, ad esempio, o la pietra o qualsiasi altro materiale di cui è composta una statua. Oppure un CD per quanto riguarda un’opera musicale, o la carta del libro per quanto concerne un romanzo.
Ne consegue che, normalmente, e salvo diverse pattuizioni, chi acquista un quadro o un’opera d’arte in genere diventa proprietario del supporto, ma i diritti di utilizzazione economica e la conseguente possibilità di sfruttamento commerciale dell’opera resta in capo al suo autore o ai soggetti suoi cessionari.
È importante sottolineare che il concetto di utilizzazione economica è inteso in senso ampio, come da previsione dell’art. 13 l.d.a., norma che, disciplinando il diritto di riproduzione dell’opera, termina con la frase di chiusura “… ogni altro procedimento di riproduzione.”
La Suprema Corte è più volte intervenuta a chiarire tale previsione di chiusura specificando, proprio per quanto riguarda la riproduzione fotografica di opere d’arte inserite in una mostra o in un catalogo, che l’art 13 l.d.a. non vieta soltanto la moltiplicazione di copie fisicamente identiche all’originale, ma protegge l’utilizzazione economica che può effettuare l’autore mediante qualunque tipo di moltiplicazione dell’opera in gradi di inserirsi nel mercato della riproduzione.
A parte stanno, come sappiamo, i casi riconducibili all’art. 70 l.d.a. sulle utilizzazioni libere, norma che autorizza l’utilizzo, senza autorizzazione e cessione dei diritti, di parti di opera a scopo illustrativo per critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica.
Al secondo comma l’art. 109 prevede il caso di cessine di uno stampo, di un’incisione o di altro mezzo usato per riprodurre l’opera d’arte: in tale caso la cessione comprende, salvo patto contrario, la facoltà di riprodurre l’opera.
Valgano allora le seguenti indicazioni operative. L’autorizzazione alla riproduzione va richiesta alla SIAE non meno di 30 giorni prima della compiuta riproduzione – oppure 60 giorni se si tratta di stampe, copertine di libri, poster, serigrafie, cartoline, materiali vari per utilizzazioni pubblicitarie – tramite un apposito modulo 342/AF da compilare e inviare alla sezione OLAF. Se invece dette opere vengono riprodotte su un supporto digitale, la richiesta di autorizzazione deve essere inviata alla Sezione Multimediale della OLAF tramite i moduli DMM OLAF 1/1 e DMM OLAF ½. Per quanto riguarda i costi, basta leggere quanto indicato nel sito della SIAE.
Ricordiamoci quindi che se acquistiamo un’opera d’arte, come ad esempio un dipinto, ne possiamo disporre in quanto proprietari ma entro certi limiti: possiamo rivenderlo ma non possiamo, in mancanza di esplicita autorizzazione dell’autore, esporlo pubblicamente o diffonderne la foto sui social network o esporlo in una mostra.
La ratio dlel’art. 109 l.d.a. è di tutelare il diritto patrimoniale più vicino e connesso a quello morale d’autore, il diritto cioè sul corpus mysticum, sulla creazione intellettuale dell’opera, come da previsione ampia dell’art. 13 che disciplina il diritto di riproduzione.
Ne consegue che l’artista non cede il proprio diritto di riproduzione al collezionista per il solo fatto di vendergli l’opera o di consegnargliela in conto vendita. Anche nel caso della compravendita si trasferisce il diritto di proprietà e non quello di riproduzione dell’opera, in mancanza di diverse pattuizioni.
Anche per quanto riguarda il noleggio o il prestito dell’opera, l’art. 18-bis l.d.a. precisa che il diritto esclusivo dell’artista di noleggiare, ha per oggetto la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti di opere, tutelate dal diritto d’autore, fatta per un periodo limitato di tempo ed ai fini del conseguimento di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto.
Ne consegue che, nel contratto di vendita o di deposito in conto vendita con il collezionista, l’artista, se vuole promuoversi, deve espressamente autorizzare per iscritto il gallerista o il collezionista a usare l’opera negli eventi espositivi.
Bisogna infine precisare, per quanto riguarda poi le immagini fotografiche di opere d’arte diffuse da una galleria o da una casa d’aste, che entrano in gioco sia i diritti d’autore sull’opera ritratta sia i diritti connessi sulla fotografia. Quindi, per quanto riguarda l’opera in sé, la galleria o la casa d’aste devono richiedere l’autorizzazione alla riproduzione all’artista o all’attuale proprietario che sia stato anche cessionario del relativo diritto. Di solito tale richiesta viene rivolta alla SIAE essendo l’artista di solito iscritto in tale ente di gestione collettiva dei diritti.
Per quanto riguarda invece la fotografia che ritrae l’opera d’arte, bisogna riferirsi anche all’art. 90 l.d.a., che prevede le indicazioni che la fotografia deve riportare: il nome del fotografo o del suo committente; la data dell’anno di produzione della foto e il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata. In presenza di tali indicazioni un uso lecito della foto presuppone la concessa autorizzazione da parte del titolare del diritto connesso, il quale può pretendere un equo compenso per lo sfruttamento commerciale della fotografia.
Qualora gli esemplari della fotografia non recassero tali indicazioni, precisa il secondo comma della norma richiamata, la loro riproduzione non è considerata abusiva a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore.
Avv. Giovanni Bonomo – AL