L’attuale emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19, che ha
provocato finora 25.085 decessi in tutta Italia e 187.327 casi positivi, crea, di
conseguenza, gravissimi problemi nell’universo penitenziario, a causa del
sovraffollamento delle carceri.
Secondo il rapporto sul sistema penitenziario europeo redatto dall’associazione
Antigone e dall’European Prison Observatory, attualmente nelle carceri italiane
vivono sessantamila detenuti, dodicimila circa in più rispetto alla capienza
regolamentare. A questi numeri va aggiunto quello di tutti gli operatori delle
carceri la cui presenza è necessaria e non può né sospendersi, né tantomeno
trasformarsi in smart working.
L’emergenza sanitaria che viviamo in questi giorni, quindi, unita al
sovraffollamento delle nostre carceri, pone all’attenzione di tutti il grave rischio
del dilagare del contagio.
Il sovraffollamento delle carceri ha già portato una condanna da parte della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, che ha dichiarato come nelle carceri italiane il
sovraffollamento abbia dato luogo ad un “trattamento inumano e degradante”.
A seguito di questa sentenza, sono state apportate delle misure deflattive già
varate dai precedenti governi, prevedendo sconti di pena per favorire l’uscita
anticipata di vari detenuti.
In attesa di una nuova disciplina della materia da parte del Governo, che applichi
delle soluzione al problema in via definitiva, anche mediante l’uso dell’amnistia
e/o dell’indulto, invocati da più parti, ma che, a dir il vero, al momento non
appaiono in agenda, vediamo quali sono le misure attualmente in vigore ed
utilizzabili, soprattutto dopo l’intervento del legislatore con la legge 17 marzo
2020 n. 18 “Cura Italia”.
Le misure alternative extracarcerarie:
Premesso che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e
l’utilizzo delle misure alternative al carcere dovrebbe essere ampliato, mentre la
pena detentiva dovrebbe essere solo l’extrema ratio, attualmente ogni
condannato, a secondo della propria posizione, ha la possibilità di proporre
diverse richieste di misure alternative al carcere, in base all’ordinamento
penitenziario, e precisamente:
– Art.47 – Affidamento in prova al servizio sociale;
– Art.47-ter – Detenzione domiciliare;
– Art.48 – Regime di semilibertà;
– Art.54 – Liberazione anticipata.
Inoltre, bisogna considerare anche la recente circolare del Dap (dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria) che pone una particolare attenzione a tutti
quei detenuti che soffrono di patologie/condizioni cui è possibile riconnettere un
elevato rischio di complicanze: malattie croniche dell’apparato respiratorio,
cardio-circolatorio, malattie da HIV e tutte le persone con più di 70 anni, che
potranno usufruire della possibilità di una scarcerazione agevolata.
Come si diceva poc’anzi, dopo l’entrata in vigore della legge 17 marzo 2020 n.
18 “Cura Italia”, il legislatore ha deciso di allargare la possibilità per i detenuti
che debbano scontare una pena, anche residua, non superiore a 18 mesi, di
eseguirla in regime di detenzione domiciliare.
Questo istituto già presente nell’ordinamento, mediante il recente decreto,
concede una maggiore possibilità al detenuto di usufruire del regime di
detenzione domiciliare, lasciando al magistrato la possibilità di escluderla, solo
laddove verifichi l’esistenza di “gravi motivi ostativi alla concessione della
misura”, e imponendo, se la pena da scontare superi i sei mesi, il cosiddetto
braccialetto elettronico. Restando ferma la necessità di possedere un domicilio
idoneo.
Avv. Fabio Penso