Responsabilità civile
Responsabilità civile professionale e assicurazione . Come è noto il 15 agosto 2013 è entrato in vigore l’obbligo di stipula di polizza assicurativa per tutti i professionisti italiani. L’obbligatorietà di tale polizza professionale è prevista dalla Riforma delle Professioni (Dpr 137/2012) che sancisce come il professionista sia “tenuto a stipulare idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale”.
A tale norma si sovrappone, con carattere di specialità, l’art. 12 della Legge n.247 del 31 dicembre 2012, il quale stabilisce che “l’avvocato, l’associazione o la società fra professionisti devono stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti. …”. In particolare, rispetto alla categoria degli avvocati non è possibile sostenere, contrariamente a quanto avviene per gli altri professionisti, un’attualità dell’obbligo in oggetto che si concretizzerà solo nel momento in cui il Ministero della Giustizia avrà determinato “(…) le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze”, così come sancito dal c.5 del suddetto art. 12. Discorso a parte meritano poi gli esercenti le professioni sanitarie per i quali l’obbligo di stipula della copertura assicurativa scatterà solo a partire dal 13 agosto 2014, grazie alla proroga ad essi concessa tramite il Decreto Fare.
Scopo di tali polizze assicurative non è solo quello di garantire una copertura ai professionisti stessi, ma anche e soprattutto di tutelare i clienti verso danni colposamente e personalmente provocati nell’esercizio delle loro attività dagli appartenenti ai vari Ordini Professionali.
Ma quando è ravvisabile una responsabilità del professionista?
In considerazione della natura contrattuale dell’obbligazione di prestazione d’opera professionale nascente in forza del contratto stipulato con il cliente, la responsabilità del professionista sorgerà solo in corrispondenza della violazione di specifici obblighi professionali. Quest’ultimi consistono nell’eseguire l’incarico ricevuto con la diligenza media adeguata alla natura dell’attività espletata così come sancito dagli articoli 1218 c.c. e 1176 c.c. In particolare mentre l’art. 1218 c.c. prevede che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno…”, l’art. 1176 interviene individuando il livello di diligenza richiesto, sancendo che in tale specifico caso non è richiesta la diligenza del buon padre di famiglia, come nella generalità delle altre ipotesi, bensì, come anticipato, una diligenza più specifica, poiché valutata “con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. In buona sostanza la diligenza richiesta in questo caso è quella professionale media esigibile, da commisurare alla natura dell’attività esercitata, così come sancito dalla sentenza del 22/07/2014 n. 16690 della Cassazione Civile sez. II. Tale pronuncia è stata fornita nell’ambito di una causa avente ad oggetto la responsabilità professionale dell’avvocato. Ed è stato proprio in questa occasione che la Cassazione stessa, è giunta a ribadire un altro importante principio, consistente nel fatto che non sarebbe sufficiente il non coretto adempimento dell’attività professionale per poter affermare una responsabilità del legale, ma sarebbe oltremodo necessario “la verifica se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla sua condotta professionale, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alle stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone” (nello stesso senso anche Cass. Sez. 3, Sentenza n.2638 del 05/02/2013). Più genericamente si può quindi affermare come, la configurazione di una responsabilità del professionista, dipenda dal fatto che il mancato raggiungimento del risultato voluto dalle parti sia stata una diretta conseguenza del comportamento negligente tenuto dal professionista stesso e che il diligente esercizio di determinate attività avrebbe, per contro, prodotto effetti vantaggiosi per il cliente. Laddove tale prova non venga raggiunta non sarà possibile identificare alcuna ipotesi di responsabilità.
Avv. Cristiano Cominotto – AL Assistenza Legale
Dott.ssa Manuela Casati